È stata pura emozione ricevere l’invito per la visita a Zidarich, la realizzazione di un desiderio.

Chi non conosce i suoi vini?

Prodotti nel pieno rispetto della natura e della tradizione, racchiudono tutta l’essenza del Carso. Vini naturali o orange wine, come li chiamano gli altri, i vini che piacciono a me, come li chiama lui, Benjamin Zidarich.

“È importante venire qui e calpestare queste terre, per capire come si lavora, è importante vedere come nasce una vigna qui sul Carso. È tutto più difficile ma da grande soddisfazione”

Il racconto di Benjamin parte proprio dalla vigna.

Siamo a 300 metri di altitudine con grande apertura verso il mare, da qui si vedono la Croazia, la Slovenia e l’Italia, si vedono le Dolomiti. Abbiamo la Vitovska, la Malvasia, qualche filare di Glera che è autoctona del Carso, il Terrano, ora anche Piculit Nero e Franconia, il vitigno molto diffuso durante l’impero Austro-ungarico, ora quasi scomparso. La Vitovska protegge gli altri filari, è buona da mangiare e ci regala un grande vino. È croccante e ha la buccia spessa, è tenace come chi abita il Carso. 

Le nostre piante hanno anche 50 anni per una resa di mezzo chilo o niente.

Abbiamo iniziato con 4000 metri di vigna nell’88, ora ne abbiamo 11.000 sparsi sul territorio, abbiamo due ettari sul Carso sloveno. I vigneti del Carso sono molto diversi da quelli friulani per storia, cultura e tradizione. Abbiamo sempre il vento e quindi la fortuna di fare pochissimi trattamenti. Non irrighiamo. Questa è stata un’annata secca. A settembre ha piovuto un po’ ma è arrivata la pioggia nel momento sbagliato e l’uva si è gonfiata troppo.

Abbiamo dei sistemi ad alberello, producono pochi grappoli e acini piccoli, ma i vecchi vigneti ci donano una qualità eccelsa. Le potature soffici fanno soffrire meno la pianta.

Abbiamo la pietra, la terra rossa e piccoli vigneti sparsi a macchia di leopardo su tutto il territorio.

Questa che vedete sotto i vostri piedi è la terra rossa, che in questa zona copre per 20 centimetri la pietra. Le radici delle nostre viti vanno in profondità, si nutrono di minerali le trasmettono all’uva e poi al vino. Abbiamo molto calcare e poca argilla.

Abbiamo i pali di acacia, seguiamo il concetto di tradizione e natura per la nostra vigna, i vigneti sono circondati da muretti a secco ma ci siamo dovuti proteggere dai cinghiali e dalla selvaggina. L’interfila è tutto spontaneo.

Vista dalla vigna di Zidarich, grande apertura verso il mare

Rispettiamo la natura e siamo biologici da più di trent’anni. A volte mi vergogno di esserlo, soprattutto quando penso alle grandi aziende che fanno milioni di bottiglie biologiche.. è un po’ una truffa.

Produciamo pochi vini ma assolutamente buoni. Crediamo molto nel fare il vino con l’uva, in un modo di bere tradizionale e che piace a me. Non amo i vini convenzionali, li assaggio ma non li bevo, porto avanti il concetto del vino contadino ma fatto con grande professionalità, un vino che rimane nel tempo, un vino serio e soprattutto un vino buono.

Non abbiamo mai cambiato il modo di fare il vino. Non produciamo vini freschi o giovani, ma vini che vanno in bottiglia dopo 3 anni e riserve dopo 5 o 6 anni. Al momento siamo usciti con l’anno 2020 e con le riserve 2016. Questo è ciò che ci diversifica.

È un mondo molto bello. Io sono contento di fare il vignaiolo. Sognavo di farlo fin da piccolo, quando vendemmiavo con il nonno e il papà.  

Nella mia famiglia già dal 1800 si produceva vino. Ci sono state due guerre, ma non si è mai smesso di fare il vino. Io mi sono inserito in questo mondo all’inizio per passione. Nell’88 ho iniziato a imbottigliare e ho cominciato piano piano ad inserirmi nel mercato prima in Horeca nella mia zona poi via via in altre zone in Italia, ora in tutto il mondo. Vini macerati di altissima qualità

Zidarich cantina

Sotto casa si faceva il vino già dal 1800 e c’erano solo due botti, una per il vino bianco, una per il vino rosso. Non si imbottigliava e si usavano tutte le uve a bacca bianca per produrre il bianco e a bacca rossa per il rosso. I vini si mescolavano. C’era l’osmiza, una sorta di “osteria”. L’impero austro-ungarico ha permesso ai contadini di aprire le proprie case al pubblico, così si poteva vendere il vino prodotto. 

La mia cantina è naturale e segue il concetto della grotta, qui in Carso ci sono tantissime cavità naturali, l’uomo non ha fatto nulla e sono tutte gratuite. Ho investito in cinque piani di profondità. Ho 23 metri di cantina sotterranea. Sotto la vigna in cui siamo adesso ci sono altri tre piani. Il tutto è stato fatto con materiali sotterranei del luogo. Al momento stiamo ampliando per altri due piani, faremo un Pantheon, durante il giorno si potrà vedere il sole e durante la notte la luna e le stelle. Anche il Pantheon verrà fatto con materiali naturali. Abbiamo scavato, il materiale è stato portato in un deposito, lavorato a mano e  riportato qui in cantina.

Lavoriamo per gravitàl’uva viene lavorata per gravità, travasiamo e imbottigliamo per gravità. La mia cantina è sostenibileabbiamo un consumo energetico pari a zero, la temperatura è intorno ai 12-14 gradi e l’umidità si aggira intorno al 70-80 per cento.

Lavoriamo tutto con l’artigianato locale. In cantina abbiamo quattro pilastri diversi che rappresentano le quattro stagioni, a rappresentare come si comporta la natura durante l’anno. Per l’inverno abbiamo la quercia piegata dalla bora che toglie le foglie agli alberi, poi con il rovere si fanno le botti, per la primavera la nuvola e la pioggia, per l’estate il sole, per l’autunno la vendemmia. I pilastri sono fatti con materiali del Carso, solo pietra del Carso. Tutto quello che abbiamo scavato l’abbiamo utilizzato per questa cantina non abbiamo messo nessuna pietra di nessun altro territorio.  Solo Carso al 100%. Non trovate nulla di uguale, anche le botti sono diverse l’una dall’altra, questo per ricordarci la natura. Ogni anno non sai cosa ti regala, ogni annata è differente. La cantina è molto funzionale abbiamo tre entrate, tre uscite e un montacarichi, di macchinari abbiamo solo il torchio, la diraspatrice e una pompa.

Nel 2011 abbiamo iniziato a fare vini fermentandoli in tini di pietra, Kamen significa pietra. Il materiale della vigna viene trasformato in tini, l’uva passa dalla pietra alla pietra. Anche queste sono diverse tra loro. Il coperchio da solo pesa 500 kg.

Tino di pietra per la produzione di Kamen