Portofino è una delle località più belle d’Italia, passata nei secoli, da luogo di “ascesi e solitudine” a meta mondana.

Quando ho visitato Portofino sapevo che i suoi fondali accoglievano, cullandole, preziose bottiglie di Champagne, questo il progetto di Jamin. Arte liquida cui sono stati applicati principi di matematica e fisica per un prodotto in grado di capovolgere ogni nostra certezza.

Simbolo del lusso, con le sue casette colorate e la minuscola baia riparata dai venti è un luogo esclusivo in cui il tempo sembra essersi fermato.

Un terroir unico, nell’Aube, kimmerdgiano con argilla a conferire mineralità, un vitigno straordinario, il Pinot Nero, principe dei vitigni, ed un affinamento davvero speciale per un risultato sorprendente.

Emanuele Kottakis, founder di Jamin mi racconta gli obiettivi, gli studi, le ricerche ed i segreti di questo Champagne.

Come è nata quest’idea?

La storia vera è l’origine del nome. Jamin è una parola genovese che significa lavoro duro, lavoro faticoso, impegno importante che porterà tanto lavoro, significa fatica. La società è di  Santa Margherita Ligure e tutti i soci fondatori sono del Promontorio di Portofino.

L’intuizione nasce da tre persone che hanno come elemento comune la passione di bere vini spumanti importanti, e, anche se non si deve dire, vini“vecchi”, dove la parola vecchi viene utilizzata in senso ironico per dire maturi.

Durante le degustazioni ognuno di noi tre esprimeva un giudizio differente sullo stato del vino al momento della stappatura. Qualcuno avrebbe aspettato, qualcuno lo riteneva pronto e qualcuno sin troppo maturo .

All’interno del team Jamin ci sono matematici, fisici e subacquei, e, ad un certo punto qualcuno deve vincere, il punto qual è?

Una delle componenti che determina se lo spumante è pronto o meno è la massa energetica, come viene percepita la CO2 all’interno della massa liquida. Un metodo classico in 10-15 anni ha un decremento naturale rispetto al degorgement. Questa energia è un indicizzatore, accentua una certa percezione sulle durezze.

Più cala la CO2, più cala la percezione, non l’acidità all’interno del bevante . Da qui la considerazione che, siccome sei bar, più o meno 6 atmosfere, sono tante e nell’arco di 10-15 anni non sono più sei, ecco lo studio:

“come si fa ad evitare che ci sia perdita e che quindi un vino con le sue complessità terziarie, la sua grande maturazione in bottiglia, qualora il vino lo permetta, possa risultare ancora piacevole e in forza dopo tanti anni.” 

Una delle componenti è proprio la massa energetica, il perlage come massa energetica è la determinante per una buona degustazione nel lungo termine.

Come si può risolvere un problema che in natura fisica si presenta in maniera scontata? Se la bottiglia ha sei bar e noi viviamo in un’atmosfera, come si può fare?

Si può pensare ad una compensazione delle masse energetiche. È questo il pensiero nato dopo il ritrovamento in Mar Baltico delle bottiglie. Un amico ha partecipato alla degustazione. I vini ritrovati risultavano ancora bevibili per due fattori: la presenza di un bel residuo zuccherino, dove lo zucchero ha avuto la funzione di protettore e, secondo fattore, la profondità. Il ritrovamento è avvenuto a meno 60 metri.

La riflessione, che noi abbiamo portato a compimento è come agisce una massa energetica al di là della temperatura, dell’assenza di luce, di tutte le determinanti presenti in una cantina protetta.

È semplicemente una compensazione da parte dell’energia interna. Questo processo si poteva realizzare in una camera iperbarica, ma avremmo perso molte condizioni favorevoli all’utilizzo della colonna d’acqua.

L’obiettivo di Jamin era creare una maturazione in vetro con un affinamento alterato rispetto allo stato dell’arte, lavorare sulle due masse energetiche e portare a compimento una maturazione senza perdita di energia. Performare meglio nella percezione gustativa delle durezze. I due giochi di massa energetica hanno prodotto un altro risultato.

Le due masse lavorano costantemente. Si possono avere 6 bar all’interno della bottiglia e 6 bar all’esterno che si compensano, ma le energie non si compensano. Hanno un elemento, mediano, che è il tappo sul quale continuano a lavorare. Questo micromovimento è un’energia cinetica e si trasforma in reazione chimica, chiamata da noi ossidazione, processo ossidativo che accelera le componenti di terziario.

Si ha un vino che in 12 mesi è nettamente più maturo rispetto alla tradizionale cantina, ma se lo facciamo in 18 e lo mettiamo al paragone con se stesso che ha fatto sei mesi in meno sono due evoluzioni completamente differenti.

Questo è l’effetto collaterale che abbiamo iscritto al brevetto: non esiste altro metodo per ottenere questo risultato se non utilizzando una colonna di questo genere, vale a dire una massa pressoria equipollente.

La camera iberbarica avrebbe portato, sul lato energetico, allo stesso risultato, ma avrebbe creato condizioni non favorevoli al vino, i campi elettromagnetici.

Il nostro contenitore è in scarico di corrente galvanica, ogni nostra gabbia è collegata ad un dispersore, per disperdere il campo elettromagnetico carico di correnti galvaniche.

In ultima analisi le nostre bottiglie sono tutte numerate, mappate. Ogni bottiglia ha una posizione ed un preciso orientamento. Le bottiglie posizionate a fronte corrente hanno un’accelerazione più alta rispetto a quelle posizionate al centro. La corrente può infrangere sul primo fronte che è il recipiente, il recipiente disperde frequenza all’interno, la massa liquida disperde frequenza all’altra superficie e così via.

Pian piano l’energia ovvero l’intensità di quest’onda, decade, ma non la frequenza.

Ma tutta quest’onda in realtà è di nuovo accumulo di energia, è sempre energia cinetica e quindi siccome parliamo di reazioni chimiche, il fronte esposto ha un’accelerazione, ma armonica.

Siamo partiti dall’obiettivo di mantenere la pressione ed abbiamo trovato dei risvolti che la camera iberbarica non ci avrebbe mai regalato, come il moto frequenza.

Si impara dagli errori, qual è stato un errore importante per Jamin?

Un errore che ha integrato il brevetto, che è sempre in evoluzione, è stato quello di non fare una manovra di stop nella riemersione del prodotto. Come i subacquei queste bottiglie di Champagne, hanno necessità di avere delle tappe di decompressione. Ogni volta che si superano 10 metri di profondità in acqua un elemento gassoso si riduce del 50%.

È vero che la bottiglia ha il non colmo, ma quello spazio gas ogni 10 metri di profondità di dimezza, per arrivare ad una riduzione fino a 6 volte.

Questo effetto è un comprimente della massa liquida. Il liquido è incomprimibile, il gas no. Quindi l’energia agisce. Quando si riprendono le bottiglie dal fondale, si deve necessariamente rispettare la naturale ripresa del volume di questo spazio gas.

Ora stiamo studiando l’evoluzione della bottiglia magnum e di altri formati, vedremo.

Voi immergete ogni anno 3000 bottiglie. Alcune le recuperate, altre no.

Recuperiamo una serie di bottiglie della partita e le altre le lasciamo in mare. Abbiamo sul fondale una partita destinata a diventare esausta, è sott’acqua da più di 38 mesi. Ne studiamo l’evoluzione prelevando ogni tanto un campione.

Questo affinamento che porta ad un’evoluzione dei sentori, comporta che il consumo debba essere effettuato a breve?

No, l’accelerazione si percepisce all’olfatto, ma all’assaggio si verifica uno scontro tra le sensazioni percepite dall’analisi olfattiva e quelle percepite dall’analisi gustativa.

C’è la piacevolezza di sentori evoluti, terziari, di maturazione, tostatura, speziatura, ma in bocca verticalità, agrume, quindi longevità. Il gioco è proprio tradire un’esperienza che non si è abituati a fare, stravolgerla, invertendo una tradizionale conservazione.

Qual è il vitigno di questo champagne?

È Pinot Nero in purezza. Siamo nell’Aube, zona vicina alla Borgogna, ma accorpata allo Champagne dopo la seconda guerra mondiale. C’era bisogno di Pinot Nero per produrre  Champagne. Il Pinot Nero è stato piantato al posto del Gamay. In quest’area da cui proviene il nostro Champagne non c’è calcare, ma il territorio è Kidmeridgiano. Costa continentale.

Al bivio tra creare vino da taglio oppure qualcosa di interessante si è optato per la seconda opzione. Qui ci sono molti produttori bravi, bravi anche per la capacità di riscattarsi. Il nostro partner è tra questi, una persona molto proattiva che ha voluto sperimentare. Un esperimento di questo tipo in Champagne non è facile, abbracciare questo processo è stato un modo di mettersi in discussione.

Questo Champagne è il primo Champagne al mondo a portare in etichetta la parola underwater nella storia.

Il Comité de Champagne, l’organo che governa l’Appellation ha voluto tutta la nostra documentazione per capire come stessimo lavorando, anche se nessun disciplinare stabilisce come un prodotto debba essere conservato.

Il nome di questo Champagne è una dedica speciale

A mia figlia, si.

Portofino, perché?

Per il legame con il territorio e perché abbiamo, come partner del progetto, un’area marina molto nota e seguita. Quest’area marina ci fornisce elementi vantaggiosi, tra cui la mappatura di tutti i microrganismi presenti e l’attenzione alla salvaguardia dell’ambiente. Abbiamo anche la collaborazione con l’università.

Il tappo in sughero non è ermetico, nel vostro caso come avete ovviato ai problemi di eventuali filtrazioni?

Abbiamo un tappo-filtro. Concede la microssigenazione, ed è possibile arrivare ad una microssigenazione  fino a 100 metri di profondità. Allo stesso tempo non permette al microrganismo marino di agire sul sughero.

Jamin si inserisce all’interno di un progetto più ampio..

Si, siamo 32 cantine a livello mondiale e con 12 abbiamo un rapporto stretto. Niente a livello di produzione nel mondo vino, veramente una nicchia. Ha però una crescita esponenziale negli ultimi 3 anni.

Non abbiano forse tutti lo stesso obiettivo. Qualcuno dichiara di creare souvenir. Ma l’aspetto estetico ti porta ad aprire alcuni ricettori durante la degustazione.

 

Underwater wine cave – Jamin

Cala degli Inglesi, Portofino (GE)

info@jaminsrl.com

www.jaminsrl.com