Gabriele dell’enoteca 34 Bar a vin mi ha proposto di condurre con lui una serata di degustazione. Avevamo bisogno di trovare un filo conduttore, un fil rouge che collegasse i vini dal nord al sud dell’Italia. Abbiamo pensato ai vini bianchi vulcanici.

Perché la penisola italiana è tutta vulcanica. Dal punto di vista geologico i confini dell’Italia non coincidono con i confini fisici e politici. Sotto terra, sotto la parte visibile della penisola, tre zolle tettoniche continuano ancora oggi a premere una sull’altra.
Dallo scontro è nata la penisola italiana, o meglio, dallo scontro tra la zolla tettonica tirrenica e quella adriatica è nata la catena degli Appennini con i relativi vulcani. Dallo scontro tra la zolla africana e quella tirrenica sono nati i vulcani della parte meridionale dell’Italia, come Stromboli o l’Etna.

I vulcani sono tutti diversi tra loro ma hanno una caratteristica comune: il cono vulcanico dal quale fuoriesce il magma. Alcuni vulcani, quelli della fascia appenninica sono “più pericolosi” rispetto ai vulcani del sud Italia.

Il magma che proviene dal territorio sottostante è denso, risultato della fusione delle rocce, pertanto per fuoriuscire dal cono vulcanico ha bisogno di una maggiore forza. Quando la forza dei gas sottostanti è maggiore della forza del magma, si verifica un’esplosione. È quanto è accaduto al Vesuvio.
Il magma che proviene invece dal sottosuolo nella fascia meridionale dell’Italia, deriva dal mantello terrestre ed è più fluido, non si verifica un’esplosione ma una colata lavica che può raggiungere diversi km.
Il materiale che fuoriesce dal vulcano porta distruzione, ma, allo stesso tempo i lapilli, la cenere, arricchiscono il terreno. Le radici delle viti prelevano diverse sostanze nutritive, magnesio, potassio e le trasmettono al frutto. Sentori che ritroviamo poi nel calice.
In degustazione 6 vini italiani.
Due vini del nord Italia, ex zona vulcanica. Terreni che si sono formati nell’epoca terziaria. Vulcani esplosi sott’acqua. La lava, a contatto con l’acqua, si è raffreddata subito formando delle rocce scure. Poi il mare si è ritirato lasciando questo terreno molto ricco.
Degustazione vini bianchi vulcanici
Un vino di Viterbo, Tuscia, territorio edificato dall’attività di esplosiva di 3 vulcani. Un vino del Vesuvio, uno dei Campi Flegrei, formati in seguito ad una forte esplosione del vulcano che ha provocato un collasso del terreno, una caldera.
Infine un vino di Ischia, Vulcano emerso quando si è abbassato il livello del mare.
Menti Giovanni. Azienda fondata a fine ‘800, passa di padre in figlio. Nel 2002, Stefano inizia a portare in vigna i principi della biodinamica. L’azienda è fuori dalle denominazioni per poter rimanere fedele alla produzione di un vino di territorio. L’azienda si trova a Gambellara tra Verona e Vicenza, ai piedi dei Monti Lessini. Terreni pesanti e argillosi, tufacei e basaltici.
Il Metodo Classico Omomorto, è un millesimato, da uve Durella e Garganega, più di 24 mesi sui lieviti, dosaggio zero. Solo un ettaro di Durella. Colore intenso, bolla fine, non molto persistente. In bocca tagliente e tanta sapidità. Zolfo e sentori di oliva.
I Borboni, Asprinio di Aversa da viti maritate. Azienda che conosco grazie al progetto di autoctonocampano. Produce vino dalla seconda metà del ‘700. Erano proprietari di 20 ettari di vigneto con vite maritata. Per diversi decenni hanno conferito le uve anche alla Francia, più recentemente alla Cirio per la produzione di aceto. Agli inizi degli anni ’70 la prima sperimentazione di spumantizzazione. Poi il recupero dell’Asprinio che rischiava l’estinzione. Ci hanno creduto molto, al punto di costruire una cantina scavata nel tufo fino a 15 metri di profondità, come le vecchie e storiche cantine all’interno del paese.
L’Asprinio di Aversa veniva coltivato dagli etruschi curioso sistema di allevamento ad alberata con viti maritate a pioppi e olmi. Cresciuto su terreni sabbiosi è riuscito a sopravvivere alla fillossera. Ancora oggi si trovano viti a piede franco. Si tratta di viti centenarie. L’alberata nasce dalla necessità di sfruttare lo spazio in altezza, lasciando libero il suolo per altre colture necessarie al sostentamento. Le viti superano i 10 metri di altezza. Oggi sono maritata a fili di acciaio. Potatura e vendemmia avvengono a mano. Gli addetti, molto esperti salgono sugli scalilli, scale a pioli alte e strette, che vengono spostati con colpi di spalla. L’uva viene calata da un cestino. La caratteristica di questo vitigno che si presta molto bene alla spumantizzazione è l’acidità.
Questo asprinio che fa solo acciaio ha poco alcol e poca struttura, non si presenta come un vino da invecchiamento, ma ha freschezza gustativa e grande salivazione.
Villa Dora, Lacryma Christi, 2016, Falanghina e Caprettone. Una passione ereditata dal nonno quella del titolare che da quando ha preso in mano le redini dell’azienda, nel 1997, ha puntato sulla qualità. Con la consulenza dell’enologo Cipresso si è concentrato sulla produzione di vini da invecchiamento. Terreno reso fertile dall’eruzione del Vesuvio. Zolfo, grande nota balsamica, idrocarburi che ricordano, al naso, un riesling. Piacevole la nota speziata.
Kalimera, Biancolella, Cenatiempo. Cantina che ho conosciuto grazie al progetto I vini del cuore, la prima guida social, produce vino dalla metà del secolo scorso. Una produzione più incentrata sulla quantità, vino sfuso, poi la guerra, poi la scelta di produrre meno e con una qualità migliore. Si trova a Ischia, dove il vino veniva prodotto già dai greci e dai romani. Le viti si trovano attaccate alla rocce fino a 600 m.s.l.m. terrazze strette, grande quantità di sole, pendenze oltre il 30% e muretti a secco con pietre lavorate a mano in tufo verde. Vini vulcanici e allo stesso tempo da viticoltura eroica. Nota sulfurea, solo acciaio, grande freschezza e fragranza. Nota di burro, arachidi e mango.
Latour a Civitella, Sergio Mottura, Grechetto in purezza. La famiglia Mottura risale al ‘500, Nel 1933 acquista una poprietà nel Lazio. Sergio Mottura assume le direzioni dell’azienda molto presto. Reimpianta i vigneti sostituendo i vecchi impianti anche di viti maritate. Si concentra sui vitigni autoctoni, in modo particolare il Grechetto. Lo vinifica con attenzione in acciaio e ottiene ottimi risultati. Incontra Louis Fabrice Latour, degustano insieme questo vino, Louis si complimenta con Sergio, gli regala delle botti usate e tutto il suo Know-How. È così che nasce Latour a Civitella, un vino sapido, elegante, fresco con una buona complessità al naso. Un buon corpo.
Pelz, dieci Vendemie, passito. Val di Cembra. L’azienda è nata nel 1995 grazie a tre giovani ragazzi ed è certificata biologica. Pelz è un vino da Riesling. Un assemblaggio di dieci annate. Un vino che mi ha molto colpita per la sua acidità e … quasi mancanza di dolcezza. Nasce da uve surmature e attaccate da muffa nobile provenienti dal vigneto aziendale con maggior altitudine.
Dolcezza non predominante, soprattutto sapidità, un vino che sorprende perchè asciuga la bocca. Nota ammandorlata, albicocca, fico secco.
Grazie a Gabriele e Stefania per l’opportunità.
Per le prossime serate, controllate il sito di 34 bar a vin.