Turismo enogastronomico: la “mia Trieste”.

Sono stata in città qualche giorno e, tra un museo e una mostra, ho scoperto le specialità e le tradizioni legale al cibo e al vino.

Spesso sottovalutata, Trieste è stata per me una bella scoperta. Il mio tour in città è partito dalla piazza Unità d’Italia che si apre da un lato sul Golfo. Scorcio tra i più caratteristici della penisola e gioiello di architettura è una delle piazze più grandi del nostro paese.

Tra gli edifici eleganti spicca il Palazzo del Municipio, che unisce, con le numerose finestre, arcate, decorazioni, lo stile dell’architettura parigina allo stile austro ungarico.

La struttura con un corpo centrale e due ali laterali l’ha portata ad essere soprannominata Cheba, cioè gabbia, perché ricordava una grande gabbia di uccelli.

Tappa obbligatoria: caffé degli specchi. Il nome deriva dall’abitudine e tradizione di incidere gli avvenimenti storici più importanti su lastre di vetro o specchi. Fondato nel 1839 è stato un luogo privilegiato di incontro. Alla fine del secondo conflitto mondiale, dopo che le sale del caffé vennero trasformate in magazzini, stalle e alloggiamento esercito, il locale venne requisito dalle truppe anglo americane e ai triestini venne concesso di accedervi solo se accompagnati da un militare. È nel 1954, con l’annessione di Trieste all’Italia che i triestini ripresero a frequentarlo.

Due passi sul Molo Audace che deve il nome alla prima nave della marina italiana ad entrare in porto il 3 novembre del 1918, alla fine della prima guerra mondiale.

Sul lungomare al Salone degli Incanti ho visto “The Great Communicator. Banksy (Unauthorized exhibition)“, con circa sessanta opere, la mostra più completa del writer misterioso.

Prima di tornare tra le vie delle città vale la pena di visitare il Museo Revoltella. Deve il nome al fondatore, il barone Pasquale Revoltella che alla fine dell’Ottocento donò alla città il suo palazzo completo di tutte le opere d’arte. Salendo di piano in piano spicca l’intervento di ampliamento dell’architetto Scarpa.

Da visitare il tempio serbo-ortodosso della Santissima Trinità e di San Spiridione.

Da non perdere la cattedrale di San Giusto Martire, nonché duomo della città di Trieste. Si trova sulla sommità del colle di San Giusto. Al suo interno d’obbligo fermarsi ad osservare i mosaici.

Bellissimo perdersi nella città vecchia, il più antico insediamento urbano di Trieste. Se avete un pò di tempo è molto carino passeggiare per le vie di Muggia, raggiungibile con il traghetto.

Il Porto Vecchio sarà oggetto di un’imponente ristrutturazione curata da Andreas Kipar. In attesa che diventi bosco urbano è possibile visitare alcuni spazi. Gratuito l’ingresso alla mostra Lloyd, deposito a vista, la collezione del Museo del Mare.

Dove ho mangiato? In luoghi che ogni appassionato di cibo e vino dovrebbe provare.

Segnalo Enoteca Nanut, in zona pedonale vicino al Canal Grande. Locale accogliente, un menù molto ricco e un’ampia, davvero ampia scelta di vini anche in mescita. Il titolare saprà consigliarvi il calice perfetto per il ogni vostro piatto. Consiglio il baccalà mantecato, la tartare di pesce, il peposo, i filetti di pesce.

Vecio Buffet Marascutti, cucina casalinga con piatti della tradizione triestina. Da assaggiare: la Jota, una minestra preparata con cappucci acidi (capuzi garbi), patate e fagioli, insaporita con cotenna di maiale, affumicata e non, alloro e semi di cumino . Ottimi gli gnocchi di patate fatti in casa con il ragù di cervo. Da assaggiare anche: la Ljubljanska, fetta di vitello o lonza di maiale piegata a libro e farcita con prosciutto cotto e formaggio a pasta fusa, poi impanata e fritta, baccalà in umido con polenta.

Ai Cavai. Storica osteria nata nel 1933. In questo luogo dai carri dei cavalli venivano scaricate le botti di vino che veniva poi venduto come sfuso. Luogo per appassionati offre una super selezione di prodotti gastronomici di piccoli produttori e una continua ricerca sul territorio nazionale. Da assaggiare le polpette, le tartine con lo storione bianco, il prosciutto San Daniele e il tagliere di salumi e formaggi. Più di 500 le etichette di vino disponibili.

Nella città celebre per i caffé ordinate poi un “nero” all’Illy Ponterosso caffé, si un nero, perché a Trieste il caffé espresso si ordina così, oppure al Caffé San Marco, rimasto invariato dal 1914, anno di apertura. Qui il tempo si è fermato tra i tavolini in marmo e ghisa e il vecchio bancone di legno scuro. In questo ambiente retrò tra le pareti con gli specchi troverete anche una libreria.

Per dormire? Segnalo l’Albero Nascosto, un boutique hotel a due passi dalla Piazza Unità d’Italia.

E ora, cosa ho degustato?

  • Vitovska Zidarich, sempre un bel calice.
  • Friulano Exordium, Il Carpino
  • Schioppettino, Ronco Severo
  • Refosco, Moschioni
  • Rosso, Moschioni (Merlot, Cabernet Sauvignon, Refosco dal peduncolo rosso e Tazzelenghe)
  • Pinot Nero, Pizzulin
  • Picolit Roncat
  • Ramandolo Dario Coos

C’è davvero l’imbarazzo della scelta..

Tornerò presto in questa città in cui sono stata molto bene. Città elegante di chi sa godersi la vita. Vi lascio con una frase di Mauro Covacich che racconta molto bene Trieste:

Oggi la mia città è una Sissi col body in lycra, È una Sissi col piercing, i capelli blu cobalto, una salamandra tatuato sul collo. Ha ancora le dita affusolate della principessa, ma si mangia le unghie. Accanto alla Trieste austroungarica è sempre esistita un’altra Trieste. Accanto alla città dei caffé letterari, della composta amicizia di Svevo e Joyce, c’è sempre stata un’altra città, morbida, disinvolta, picaresca, dai connotati quasi carioca. C’è un edonismo antico, morale, nei triestini. E anche un vitalismo moderno un pò easy going, alla californiana.