Una nuova geografia della viticoltura? Non è molto distante.

Il cambiamento climatico, con il surriscaldamento del pianeta e le precipitazioni di portata tropicale improvvise, porta a cicli vegetativi e riproduttivi sfasati con ripercussioni sulla fenologia della vite e la composizione dell’uva. L’aumento della temperatura può inibire il metabolismo della vite riducendo gli accumuli di metaboliti con conseguente modifica di colore ed aroma. 

Uno degli effetti più importanti è la maggiore concentrazione di zucchero. Quando lo zucchero è molto concentrato, i mosti provocano nei lieviti una risposta allo stress con conseguente aumento del livello di alcol e la riduzione dell’acidità, importantissima per la produzione ma anche in fase di degustazione. 

Il ruolo dell’acidità in cantina è rilevante perchè controlla gli agenti patogeni, un ph basso infatti non permette ai microrganismi di sopravvivere. Allo stesso tempo limita le ossidazioni enzimatiche favorendo il metabolismo dei lieviti, processo che diventa essenziale per la produzione di etanolo e aromi. Alcuni studi ritengono che durante la vinificazione in rosso, il ph basso permetterebbe una migliore   dissoluzione delle sostanze coloranti.

L’acidità contribuisce in modo decisivo alla vitalità, alla struttura, alla freschezza del vino ed alla sua longevità.

Parlando di acidità di vino si pensa in modo particolare agli spumanti, infatti la sosta prolungata sui lieviti necessita di un’elevata acidità degli acini di partenza. L’aumento delle temperature medie in tutto il pianeta diventa, per la viticoltura, un grosso problema. Preservare la componente acida dei mosti e dei vini è necessario. Dove possibile, si spostano le vigne su terreni ad un’altitudine maggiore, più freschi e ventilati e meno esposti. Atto che richiede lo studio della composizione dei terreni al fine di favorire l’impianto di vitigni più idonei. 

Scelta che si scontra, per quanto riguarda la normativa italiana con i disciplinari, molto vincolanti a specifiche e ben definite zone di produzione. 

Sono diversi gli studi sull’impatto del cambiamento climatico in viticoltura. Dall’assenza di gravità per generare piante più resistenti, alla riscoperta di vitigni per lungo tempo abbandonati, agli impianti in aree finora non conosciute come vitivinicole. Il “triangolo del freddo” ad esempio sta lanciando massicci progetti di viticoltura. Svezia, Norvegia e Danimarca al momento contano una piccola produzione enoica, con vini leggeri che portano ad un fatturato poco considerevole.

vitigni resistenti I vitigni Solaris, Rondo, Vidal, vengono coltivati sotto dei teli che consentono alla temperatura del terreno di salire di 5 gradi ma non sono in grado di offrire una qualità finale considerata accettabile dai mercati internazionali. 

 

Si tratta ovviamente di una scommessa, che si basa su un calcolo meterorologico. La temperatura media del pianeta si dovrebbe alzare di 1,5-2 gradi e di 6 gradi in Scandinavia con conseguente possibilità di produrre vino. 

Sempre più nazioni portano a pensare ad una nuova geografia della viticoltura.