Ho partecipato con molta curiosità alle Masterclass organizzate da Campania Wine presso la Sala delle Armi del Maschio Angioino. Due gli appuntamenti, uno sui vini bianchi e spumanti, l’altro su rosati e rossi.

Rigorosamente alla cieca. Le etichette non sono state svelate nemmeno a “lezione” terminata.
Condotte magistralmente da Chiara Giorleo DipWset, in collaborazione con Associazione Italiana Sommelier Campania, sono state una bellissima occasione per scoprire i vitigni del territorio campano.
Nella prima Masterclass i vini in degustazione erano dieci, cinque spumanti e cinque vini bianchi. Interessante focus sulla diversità, sulla ricchezza ampelografica, sulla speciale conformazione di suoli e sottosuoli.
Chiara Giorleo ha raccontato di una matrice calcarea e degli Appennini che rompono il pregiudizio di vino del sud,  caldo e cotto. Importante la presenza del Monte Massico della provincia di Caserta e dei depositi alluvionali verso le coste, importante l’influenza vulcanica per tutta la Campania. A nord Caserta con la Roccamonfina, verso sud Napoli e i campi Flegrei, sollevamento del suolo ancora attivo, con iniezioni gassose, Ischia, ex vulcano sommerso, il Vesuvio, vulcano attivo attualmente dormiente che ha influenzato tutto il napoletano. Unica eccezione per Salerno nel Cilento con la presenza del flysch Cilentano.
Importante anche l’orografia con tutti i corsi d’acqua, importanti le altitudini, le grandi escursioni termiche e il  drenaggio dei terreni. La Campania è costituita dal 50% dei monti e dal 35% da collina. Ci sono rilievi sulle coste e scenari di viticoltura eroica: Amalfi, Ischia, la viticultura a 700 m a strapiombo sul mare, l’alberata di Aversa, 20 m di altezza dove si salta con lo scalillo.

Il clima all’interno è continentale e Mediterraneo verso la costa, nevoso in inverno.

  • Caserta, nord, è rappresentata dal Pallagrello Bianco e nero, dal Casavecchia, dall’Asprinio.
  • Napoli, rappresentato dal Caprettone, vitigno non particolarmente complesso, dotato di media acidità, ma veicolo di caratterizzazione vulcanica del territorio, mineralità, sapidità. Altri vitigni del territorio napoletano il Piedirosso e la  coda di volpe (diverso dal caprettone).
  • Benevento e la sua Falanghina, vini immediati, fruttati e non banali, corpo e acidità
  • Avellino con il Greco, acidità, opulenza, mineralità e il Fiano, caratterizzato dai sentori di frutta secca tostata, danno origine a vini longevi
  • Salerno, Aglianico e Fiano che qui ha struttura e acidità, risulta più sofisticato, vuole tempo nel bicchiere e in bottiglia, un vitigno che qui appare molto timido.
Primo assaggio, uno spumante. Bolla fine, abbastanza persistente, asprinio da Martinotti? Esaltate le caratteristiche del vitigno? Naso sottile, agrumi, fresco, verde, vegetale con sentori di erba tagliata, naso pungente, leggero, semplice, coerente e pulito,  l’Asprinio avrebbe una maggiore acidità.
Secondo assaggio. Secondo spumante. Sentori di buccia di mela, pera, colore più dorato, floreale, agrume non predominante, gelsomino, pepe Bianco, lentamente emerge un’acidità importante, bocca pulita, salivazione, poca sostanza, Asprinio volto all’ossidazione? Bolla poco persistente.
Terzo Vino: naso poco intenso, bolla fine ma poco persistente, naso non definito. Floreale, limone candito, mela verde, champignon non crudo, camomilla essiccata, sapidità, si tratta forse di una Falanghina, ci facciamo tutti questa idea per via del floreale e del frutto.
Vino quattro. Bolla fine, naso sulfureo, più cremoso anche in bocca, frutto più maturo, tostatura, caffè, pesca bianca, meno acidità, più morbidezza, potrebbe trattarsi di un metodo classico? In realtà si tratta di uno charmat, maturità di frutta, nocciola tastata
Vino cinque, buccia di cipolla, fragolina anche in bocca, ottimo da abbinare alla salvia pastellata, alla borragine.
Per la seconda batteria, primo vino bianco fermo. Si sente che è un vino della Campania, nota vegetale, rosa gialla, matura, pesca sciroppata, roccia, origano, confetto, maturità al naso che si traduce in morbidezza tattile, più austero al palato, scorrevole, ma non si trova la dolcezza di frutto trovata al naso, la complessità del naso si perde in bocca.
Secondo vino bianco fermo, acidità non marcata, verde con buccia di banana, yogurt alla banana, forse sosta su fecce, morbido, assolutamente coerente.
Terzo vino, leggera ossidazione, caffè, malto, cereali, prevale sul frutto, pesca bianca, confetti alla mandorla, zona calda, basse attitudini, buon corpo, buona acidità.
Quarto vino, affumicato, legno, vino di sostanza, di struttura, grande longevità.
Quinto vino, sulfureo, spezie, pepe, erbe medicinali, meno complesso al naso, ma più aggressivo al palato longevità, eleganza diversa
Nel pomeriggio la masterclass sui vini rosati e rossi, per mettere in risalto la ricchezza di tradizioni e la profondità storica della Campania, accenni alla starseta, sistema di allevamento alpino, per favorire la promiscuità di coltura. Accenni all’archibotanica, ai vigneti di Pompei dove sono stati trovati i calchi delle vigne e scopertisistemi di impianto ad alta densità soprattutto di Piedirosso.
Solo il 4% della superficie campana è vitata. I numeri della Campania sono molto bassi, la provincia più ricca di vitigni e più produttiva è la provincia di Benevento con il 45%, segue Avellino 25%, Salerno 14%, Caserta 7%, Napoli 9%, dopo Vienna è la città più vitata d’Europa. Il primo vitigno è l’Aglianico seguito da Falanghina, Greco e Fiano.
L’Aglianico è un vitigno che conferisce struttura, colore, acidità, grande tannino, diffuso in diverse province. E’ il vitigno più importante del sud Italia con tre biotipi differenti. Il Piedirosso conferisce meno tannino, meno struttura, meno colore, è più presente nella provincia di Napoli. Colore ricco di materia colorante. Vitigno tardivo, raccolto fino a metà novembre, si carica, diventa potente, comunque austero. Aglianico e Piedirosso vengono spesso utilizzati insieme, sono trasversali, sono i più popolari e complementari.
Primitivo, rappresenta un’eccezione in Campania, arrivato a Caserta nell’800 nella denominazione Falerno del Massico, colore struttura e concentrazione perché tende ad accumulare gli zuccheri, eleganza rispetto al primitivo di Manduria.
Camaiola, ex Barbera del Sannio, non ha nulla in comune con la Barbera del Piemonte, colora ma non ha potenza o struttura, frutti rossi, nota vegetale, tannino poco importante.
Il primo rosato presenta un naso gradevole ma non risulta essere franco. Petali di rosa, fragola selvatica, alga, sapidità, mineralità, vegetale da geranio, punta di rabarbaro, salinità in bocca, bocca pulita, Piedirosso 100%.
Secondo vino, colore molto intenso, cerasuolo, intenso al naso, nota di smalto, nota affumicata, ciliegia, arancia rossa, chinotto, mallo di noce. Percepiamo una certa vinosità. Buon corpo. Aglianico? Sì. Un vino biologico con una leggera pungenza di volatili
Terzo vino, naso più fine, rosa canina, fragolina, lamponi, nota alcolica, importante, imponente, asciutto, scollegato tra naso e bocca, palato amaricante, austero, salinità.
Quarto vino, rosa chiaretto, sentori di pompelmo rosa, sanguinella, frutto più dolce, morbidezza anche in bocca, il palato più elegante, rotondo, caldo.
Ultimo assaggio. Rosa chiaretto, prevale la scia minerale, anguria, melograno, rinfrescante, vivace, dinamico al naso, leggermente volatile che scompare, cetriolo, pepe rosa, non prevale l’alcol, freschezza e salinità che richiamano il sorso.
Primo rosso, naso invitante, piccoli frutti rossi, ciliegia, frutto maturo, rinfrescante da rosmarino che arriva a sbuffi. Personalità al palato, struttura contenuta, ma sostenuta dal tannino.
Il secondo vino presenta una nota mentolata, spezie, pepe nero, liquirizia
Il terzo assaggio ha un naso intenso, compatto, amarena. Taurasi forse, freschezza, acidità. Confettura.
Infine il quarto assaggio sorprende con note di idrocarburi, cemento, catrame, frutto integro e nota smaltata.